La “carne sintetica” è veramente sintetica?


di Elisabetta Cretella

La carne sintetica è una carne prodotta in laboratorio. Quindi è più corretto definirla come “carne coltivata in laboratorio" piuttosto che sintetica.

Perché? Semplicemente perché la carne sintetica non esiste.


Cosa significa "sintetico" ?

In generale il termine "sintetico" è utilizzato per indicare il prodotto di qualcosa che viene sintetizzato (creato) al di fuori degli organismi viventi. Ad esempio, un tessuto sintetico è quello di cui sono fatti gli abiti sportivi. Questo differisce dal cotone o dalla lana che derivano rispettivamente da una pianta e dal pelo di vari tipi di animali.

Come viene prodotta la carne “coltivata”? 

Per produrre la carne coltivata si prelevano le cellule da un animale vivo, come le cellule staminali o cellule muscolari, e si fanno crescere in laboratorio in condizioni controllate.

A queste cellule si forniscono le sostanze nutritive necessarie per farle crescere, moltiplicare e specializzarsi in tessuto muscolare (se si parte dalle cellule staminali). È esattamente lo stesso processo che si verifica nell’organismo umano durante lo sviluppo, dove dalle cellule si formano i tessuti. Il tessuto ottenuto in laboratorio è poi raccolto e lavorato per creare prodotti alimentari simili alla carne tradizionale, come hamburger, polpette, salsicce e altro ancora. Quindi anche questo tipo di carne, definita sintetica, deriva da cellule animali e non è prodotto dal nulla in laboratorio (vedi la differenza tra tessuti sportivi e lana).

Le tecniche più diffuse prevedono l'utilizzo delle cellule staminali, ovvero cellule non ancora specializzate e che hanno la potenzialità di differenziarsi in vari tipi di cellule mature che poi formeranno un tessuto. Quindi, le cellule non sono “sintetiche”, ma derivano da un prelievo effettuato da animali vivi. In pratica, si effettua una sorta di biopsia su animali vivi per prelevare le loro cellule.

Una volta che le cellule staminali idonee sono state isolate, si procede a inserirle in particolari contenitori contenenti un terreno di coltura, cioè una soluzione di sostanze nutrienti di vario tipo. Le cellule iniziano a crescere e a replicarsi. Ma questo non basta per creare la struttura tridimensionale tipica della carne. Alle cellule serve anche una sorta di impalcatura che le sostiene, che gli consenta di respirare, continuare a proliferare e a differenziarsi.

Per poter utilizzare questo procedimento al fine di produrre carne su scala globale è necessario utilizzare dei bioreattori.


Cos'è un bioreattore?

Un bioreattore è un contenitore che mantiene costante la temperatura e il flusso di nutrienti.

È già utilizzato in campo alimentare per la produzione della birra e dello yogurt. In entrambi i casi, infatti, si utilizzano microrganismi che rendono possibile la fermentazione. Questo processo avviene proprio in contenitori che di fatto sono dei bioreattori.

Tuttavia, i bioreattori sono utilizzati anche per produrre medicinali. Ne è un esempio la produzione dell’insulina, essenziale per tenere sotto controllo alcune forme di diabete.

 

Carne tradizionale vs carne "coltivata"


Figura 1 - Carne coltivata in laboratorio vs carne tradizionale di allevamento [wikipedia.com]

La carne tradizionale è relativamente economica rispetto a quella creata in laboratorio, almeno ad oggi. Infatti, la carne coltivata in laboratorio è ancora in fase di sviluppo e i costi di produzione sono molto elevati.

Quello che è certo è che la carne tradizionale ha conseguenze ambientali importanti e un forte impatto sulla salute umana. Al contrario, la carne coltivata produce emissioni molto inferiori soprattutto rispetto all’allevamento della carne di manzo e di vitello.

Attenzione! Il processo di produzione della carne da laboratorio è ancora in fase di sviluppo e sperimentazione; non si trova in commercio ma molte aziende sono al lavoro per perfezionare il processo produttivo.

 

I vantaggi della carne “coltivata”

L’utilizzo della carne coltivata in laboratorio può diminuire la dipendenza dagli allevamenti intensivi e di conseguenza ridurre gli impatti ambientali causati da questo tipo di industria. Ad esempio, si avrebbe un minor consumo di acque e alimenti necessari a sfamare gli animali allevati. Inoltre, potrebbe ridurre la diffusione di malattie zoonotiche, come l'influenza aviaria e la BSE (o malattia della mucca pazza).

Come la carne tradizionale, quella "sintetica" è una fonte importante di proteine e di altri nutrienti essenziali per la salute. Il vantaggio di quest'ultima è che non contiene antibiotici o ormoni, generalmente usati negli allevamenti. Da non sottovalutare poi che la carne coltivata in laboratorio può essere prodotta senza l’uccisione di animali.


Il dibattito etico sulla carne coltivata

Per alcuni la carne sintetica potrebbe essere considerata etica poiché non comporta la sofferenza degli animali e ha un minor impatto negativo sull’ambiente rispetto all’industria zootecnica tradizionale. Per altri, invece, potrebbe non esserlo perché richiede comunque l’utilizzo di cellule animali per la sua produzione.

Il dibattito è solo agli inizi. Inoltre, la produzione della carne in laboratorio ad oggi è solo in fase sperimentale. Ovvero si sta testando se è possibile o meno produrla, quali sono i costi e le tempistiche. Per il momento non c’è alcuna possibilità di trovarla in commercio.


Cosa ne pensa l'Italia

Il 29 marzo il   ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, ha presentato un disegno di legge che vuole vietare la produzione e la vendita di alimenti e mangimi sintetici. Lo scopo è quello di bandire la carne prodotta in laboratorio, definita erroneamente sintetica. Secondo il ministro Lollobrigida, questo disegno di legge vuole “tutelare la salute umana e il patrimonio agroalimentare”.

Tuttavia, leggendo il disegno di legge in questione si nota che vieta la produzione di prodotti ottenuti a partire da «colture cellulari o tessuti derivanti da animali vertebrati». Questa definizione comprende anche la carne e i suoi sottoprodotti, la cosiddetta carne tradizionale. Sarebbe, quindi, necessario rivedere e correggere il testo. In caso contrario sarebbe vietata la produzione della carne tradizionale e di tutti i suoi derivati. Fortunatamente si tratta di un disegno di legge che prima di essere approvato o respinto deve superare diversi step.

Il ministro Lollobrigida si è mostrato contrario non solo alla carne prodotta in laboratorio ma anche alle farine di insetti. In entrambi i casi si tratta di ambiti regolamentati e sorvegliati dalle autorità di controllo dell’Unione Europea.

Se l’autorità europea dovesse decidere di approvare la produzione e l’utilizzo della carne prodotta in laboratorio in uno degli Stati membri, verrebbero applicate le regole comunitarie ovvero quelle regole che consentono la libera circolazione dei beni all’interno di tutta l’Unione europea. Di conseguenza l’Italia non potrebbe opporsi alla distribuzione della carne prodotta in laboratorio.

In ogni caso, ogni nuovo alimento per essere immesso sul mercato deve ricevere un’autorizzazione da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). Prima di concedere o meno tale autorizzazione, l'EFSA provvede a testarne la sicurezza per la salute.

Gli alimenti che non superano i test di valutazione sono automaticamente esclusi dalla commercializzazione. Questo vuol dire che non potranno mai arrivare sulle nostre tavole se non sono considerati sicuri per la nostra salute.

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